zucchero semplice

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definizione

I glucidi di interesse alimentare sono solitamente suddivisi in carboidrati complessi e zuccheri semplici, anche se questi ultimi, più correttamente, andrebbero chiamati carboidrati semplici o solamente zuccheri; a questa categoria appartengono i monosaccaridi, come glucosio e fruttosio, ed i disaccaridi, come saccarosio, maltosio e lattosio; si tratta di composti dal sapore dolce, solubili in acqua, cristallizabili, di facile digestione e generalmente di rapido assorbimento in quanto i monosaccaridi sono assorbiti come tali, mentre i disaccaridi, per essere assorbiti, vengono prima idrolizzati a monosaccaridi a livello dell’orletto a spazzola dei villi intestinali.

Gli zuccheri semplici possono essere classificati in “disponibili”, come la maggior parte degli zuccheri semplici di origine alimentare, che sono prontamente utilizzabili dall’organismo e in “non disponibili”, come ad esempio il lattulosio, lo xilosio, lo xilitolo, il mannitolo ed il sorbitolo, che non sono digeribili, assorbibili e metabolizzabili; possono essere suddivisi anche in relazione alla struttura chimica, cioè in base al numero di atomi di carbonio che li compongono, potendo essere suddivisi in in triosi, tetrosi, pentosi ed esosi, o al gruppo funzionale che li caratterizza, che li ripartisce in aldosi (-CHO) e chetosi (R-CO-R).

Questi zuccheri, contrariamente ai carboidrati complessi, vengono assorbiti velocemente, causando picchi glicemici anche piuttosto importanti (rapidi innalzamenti della glicemia), in virtù del fatto che passano molto velocemente dall’intestino al circolo sanguigno e proprio per questa caratteristica, sono caratterizzati da un bassissimo effetto saziante: come reazione all’iperglicemia che consegue all’assunzione di zuccheri semplici, l’organismo è costretto a produrre e a liberare in circolo notevoli quantità di insulina per fronteggiare l’iperglicemia; il massiccio rilascio di quest’ormone può indurre brusco calo glicemico (ipoglicemia reattiva), che rappresenta un potente stimolo alla comparsa del senso della fame: gli zuccheri semplici assunti in grosse quantità vengono assorbiti talmente in fretta che l’individuo avverte la fame ancor prima che l’organismo abbia avuto la possibilità di utilizzarli a fini energetici.

Il rischio è quello di favorire la presenza di disglicemie, con l’insorgenza di sonnolenza, calo di concentrazione e ridotto rendimento intellettuale accompagnati; qualora perduri l’attitudine a ricercare zuccheri semplici, spesso espressione del dis-stress, della ricerca di confort food o del cosiddetto sugar craving,  la tendenza è lo sviluppo di sovrappeso e la formazione di dislipemie.

Occorre fare una doverosa precisazione sugli zuccheri raffinati e su quelli non raffinati: i primi sono ottenuti per estrazione e purificazione da fonti vegetali come la canna da zucchero o la barbabietola, apportano esclusivamente energia essendo privi di componenti non energetiche (fibre, minerali e micronutrienti in genere) a differenza degli zuccheri semplici non raffinati, come quelli, ad esempio, contenuti nella frutta zuccherina, che si accompagnano ad antiossidanti e fibre solubili, che ne rallentano l’assorbimento a livello intestinale; di conseguenza, a parità di peso, il picco glicemico postprandiale è più contenuto.

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