definizione
Termine inglese, traducibile con «nutrizione consolatoria», utilizzato per identificare alimenti o sostanze ricercate dalle persone non solo per le loro caratteristiche organolettiche ma, soprattutto, per la gratificazione emozionale che provocano in chi li consuma; cibo che favorisce un senso di piacere, in grado di soddisfare una sensazioni di benessere psico-fisico e somato-emozionale: «confort food» è stato utilizzato ufficialmente per la prima volta da un giornale americano (il Palm Bech Post, nel 1966) per descrivere il fatto che
«gli adulti, quando subiscono forti stress emotivi, si rivolgono a quelli che possono essere definiti come “confort food” – cibi associati ad un senso di sicurezza che risale all’infanzia, come l’uovo in camicia della mamma o il brodino di pollo.»
desideri emotivi – necessità alimentari
Diversi fattori che possono scatenare la necessità o il desiderio di trovare conforto nel cibo, in quanto il bisogno può essere originato dallo stress, dalla nostalgia o da un momentaneo turbamento emotivo: quando assume un ruolo di “nutrizione consolatoria” può innescare fenomeni di vera e propria dipendenza; il desiderare ardentemente o addirittura bramare un qualche tipo di sostanza per provare sensazioni di benessere, di conforto, di consolazione, di piacere, è una forma di compensazione ad uno stato di disagio emozionale, sostenuto da un’alterazione somato-chimica e neuro-endocrina.
L’aggettivo inglese comfort, in questo contesto, si presta a più interpretazioni, cioè rappresenta sia la capacità del cibo di rasserenare, consolare, coccolare o rincuorare ma anche quella di ristorare; infatti se pensiamo al cibo non solo come mezzo per gratificarsi e (ri)compensarsi ma come veicolo per ritrovare una situazione di ben-essere, allora comprendiamo come gli alimenti possano assumere un ruolo nutritivo e curativo.
Una caratteristica comune a questi alimenti è l’elevato apporto calorico che li contraddistingue oppure il fatto di essere dolci, spesso molto “zuccherosi”, o grassi, energizzanti, sapidi e salati (potendo essere inseriti, spesso, fra i cosiddetti junk food): questa loro caratteristica sembra possa attivare i centri cerebrali della gratificazione, fungendo da “farmaci” in grado di modificare il tono dell’umore, coinvolgendo le vie dopaminergiche ed il Sistema Limbico.
Che si parli di cibo nostalgico, autoindulgente, precotto (in genere ad elevato contenuto di additivi) o “psicologicamente gratificante”, il rapporto col cibo deve essere sempre considerato una forma di idiosincrasia, cioè una reattività abnorme individuale (in questo caso non negativa) nei confronti di una particolare sostanza, anche se si possono notare preferenze di genere o tribali: gli uomini tendono a preferire come comfort food pasti caldi ed energizzanti, mentre le donne prediligono snack come gelati o cioccolata; in qualche modo questi alimenti fanno riemergere sensazioni positive come il sentirsi viziati e coccolati (per gli uomini, dalla mamma), o a momenti di svago e relax oppure fungendo talvolta da trigger in grado di far coabitare il senso di colpa e la gratificazione di poterlo fare, come quando di consuma uno snack (in particolare ipercalorico, nelle donne).
In alcuni casi, l’associazione fra la “nutrizione consolatoria” e lo stress emotivo è talmente marcata, da dover essere considerata una forma maniacale che porta immancabilmente ad un aumento del grasso corporeo (in particolare a livello addominale) con attivazioni ormonali e coinvolgimento dell’asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene.
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