disglicemia

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definizione

Questo termine viene utilizzato per raggruppare qualsiasi anomalia della concentrazione ematica di glucosio, sia che ci sia zucchero in eccesso (iperglicemia) o, all’opposto, l’organismo sia in uno stato di ipoglicemia oppure si osservi una ridotta tolleranza al glucosio o un’alterata glicemia a digiuno: in realtà il punto focale di questo disturbo è la difficoltà di mantenere la glicemia stabile; dal greco  δυσ– (dis– → alterazione, difettoso funzionamento), γλυκύς (glukús → dolce) e αἷμα (haîma → sangue), letteralmente alterata presenza di zucchero nel sangue.

eziopatogenesi

Il meccanismo omeostatico del corpo mantiene i livelli di glucosio nel sangue entro un intervallo ristretto, grazie alla sinergia di diversi sistemi interagenti, di cui la regolazione ormonale è la più importante; esistono due tipi di ormoni metabolici, reciprocamente antagonisti, che influenzano i livelli di glucosio nel sangue: l’insulina, un ormone anabolico che riduce la glicemia, ed un sistema di ormoni come glucagone, cortisolo e catecolamine, catabolici, che aumentano la glicemia.

In particolare, insieme, glucagone ed l’insulina, prodotti dal pancreas, regolano i livelli di glucosio nel sangue attraverso un feedback negativo, un processo in cui il prodotto finale di una reazione stimola l’inizio di un’altra reazione: l’insulina abbassa la concentrazione di glucosio nel sangue mentre l’ipoglicemia (causata anche dall’insulina) innesca la secrezione di glucagone che ha un’azione iperglicemizzante; la modulazione del rilascio di insulina e glucagone, ma anche dell’adrenalina e del cortisolo (ormoni iperglicemizzanti, rilasciati in particolar modo nella risposta di stress) contribuiscono a mantenere stabile il glucosio nel sangue.

Ciascuno di questi ormoni ha una diversa responsabilità nel mantenere la glicemia regolata: quando concentrazione dello zucchero nel sangue è troppo alto, l’insulina stimola i tessuti corporei, in particolare i muscoli, ad assorbire il glucosio utilizzabile dalle cellule per produrre energia; anche il fegato interviene nei meccanismi di controllo e regolazione della glicemia: contribuisce alla regolazione della glicemia immagazzinando il glucosio in eccesso nel sangue, sotto forma di glicogeno, rilasciandolo nel flusso sanguigno quanto la glicemia scende o producendolo, a partire dagli amminoacidi o dai grassi, quando è necessario, grazie anche all’azione del glucagone, aiutando il tuo corpo a mantenere livelli di zucchero nel sangue relativamente stabili durante il giorno.

Qualora sia presente disglicemia, questo sistema non funziona correttamente, portando all’instabilità della glicemia, situazione che può creare sintomi apparentemente contrastanti, a seconda che il corpo sia in eccesso o in carenza di zucchero: non di rado si osservano aumento della sete e minzione frequente, associata a xerostomia (in genere nella fase iperglicemica), alternati a tremori, palpitazioni con iperidrosi (sudorazione eccessiva), quando si verifica un crollo della glicemia (ipoglicemia); in entrambi le fasi e, come conseguenza dello squilibrio, ansia e irritabilità, debolezza e senso di fatica, confusione mentale associata a obnubilamento del sensorio, visione sfuocata, mal di testa sono manifestazioni che possono manifestarsi in vario grado, singolarmente o in combinazione fra loro.

effetti della disglicemia

Indipendentemente dai sintomi connessi alla fluttuazioni della disponibilità, per il fabbisogno metabolico, del glucosio, la disglicemia produce effetti a lungo a termine paragonabili ad un invecchiamento cellulare precoce: anche se, frequentemente, i sintomi dell’ipoglicemia sono quelli più evidenti, i picchi iperglicemici prolungati producono alterazioni osmotiche delle cellule (in particolare a livello cellulare) con sofferenza delle stesse; il “bagno glicemico” che imbibisce le strutture cellulari induce la formazione dei cosiddetti AGEs, cioè di glicotossine.

Queste tossine endogene, hanno l’effetto di amplificare i danni prodotti dai radicali liberi, quali R.O.T.S. e R.N.T.S., e dalle esotossine: il danno ossidativo e l’azione venefica si esplica a vari livelli: il processo di aging delle strutture connettivali, conseguente alla glicazione, porta alla reticolazione delle proteine, provocando l’indurimento della parete dei vasi sanguigni e del tessuto connettivo di sostegno, specialmente tra le persone con un elevato apporto di carboidrati raffinati, e conseguentemente elevati livelli di insulina a digiuno, con il conseguente sviluppo di insulino-resistenza (sindrome metabolica).

Sebbene il problema sia più evidente nell’anziano, le manifestazioni possono cominciare a manifestarsi anche nelle persone giovani: un intervento volto a modificare stile di vita ed abitudini alimentari o, soprattutto, volto a ridurre il dis-stress, è in grado di migliorare sensibilmente il quadro potenzialmente patogeno: la concomitante presenza di alterato metabolismo degli aminoacidi solforati, con produzione di omocisteina, la tendenza all’ipertensione e le dislipemie sono fattori di rischio morbigeni che possono esitare in patologie degenerativo o dis-funzionali. Segni e sintomi della sindrome metabolica, che si verifica con maggiore frequenza con l’avanzare età, sono un rapporto tra i trigliceridi e il colesterolo delle lipoproteine ​​ad alta densità (HDL) maggiore di 5, aumento dell’acido urico, adiposità centrale “dura”, ipertensione o aumento della pressione sanguigna, episodi di ipoglicemia, intolleranza al glucosio e valori di insulina a digiuno elevati.

La disglicemia contribuisce a una serie di condizioni croniche, come l’aterosclerosi, il diabete mellito di tipo 2, i disturbi del tessuto connettivo e altre malattie autoimmuni, predisponendo l’insorgenza di patologie quali la demenza vascolare o il manifestarsi di patologie degenerative come la sclerosi multipla, la fibromialgia, le poliartralgie reumatiche.

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