Homocysteine Redux®

descrizione

Negli ultimi anni, molti ricercatori si sono resi conto che esiste un fattore di rischio cardio-vascolare, l’omocisteinemia (ovvero i livelli ematici di omocisteina), che può essere ancora più significativo dell’ipercolesterolemia: questa sostanza, creata dal corpo come sottoprodotto del metabolismo degli amminoacidi solforati, in particolari situazioni tende a depositarsi nei tessuti corporei e, in particolare, nelle cellule endoteliali, creando danni vascolari e nei tessuti.

omocisteinemia: un fattore prognostico per gli eventi cardio vascolari

Il New England Journal of Medicine ha riportato che i livelli ematici di omocisteina possono essere considerati come il fattore (modificabile) con la maggior probabilità di prevedere un evento cardio-vascolare nei pazienti affetti da coronaropatia : numerosi rilievi epidemiologici hanno evidenziato una correlazione fra incidenza di eventi clinici a genesi vascolare e livelli serici di omocisteina, (trombosi venosa ed manifestazioni emboliche, maggiore incidenza di malattia aterosclerotica): in generale si può dire che elevati livelli plasmatici circolanti di omocisteina sono considerati un fattore di rischio indipendente di patologia vascolare.

L’alimentazione può modificare significativamente i livelli dell’omocisteina serica (tHcy plasmatici): tanto maggiore sarà l’introduzione di metionina con la dieta, come nelle diete a base di carne, tanto più alti saranno i livelli di tHcy; peraltro, soggetti a stretta dieta vegetariana, e quindi con livelli normali od aumentati di folato, possono presentare iperomocisteinemia per carenza di vitamina B12 (anch’essa introdotta con la carne): attraverso una appropriata integrazione alimentare con folati, piridossina e trimetilglicina, in associazione con cianocobalamina, è possibile ridurre o normalizzare il livello di questa tossina, riducendo il rischio di ictus o infarto.

Come atteso sulla base della diversa massa muscolare, i maschi hanno livelli di tHcy più alti delle femmine, per le quali giocano un ruolo anche i livelli ormonali di estrogeni e progestinici; forti fumatori e bevitori di caffè hanno livelli aumentati di tHcy. L’ipotiroidismo, ma anche l’ipertensione essenziale, si associano ad iperomocisteinemia così come alcuni farmaci, principalmente antiepilettici e diuretici, causano innalzamento dei valori di tHcy; la funzionalità renale è particolarmente critica nel determinare i livelli circolanti di tHcy in quanto una riduzione del filtrato glomerulare, anche se non associata a livelli patologici di creatininemia, è causa di iperomocisteinemia. Non è, infine, sorprendente che i livelli di tHcy aumentino con l’età.

Quando l’omocisteina non è riconvertita in metaboliti non tossici, si rivela essere una sostanza estremamente nociva: elevati livelli di questa sostanza indicano un fallimento nel metabolismo della metionina, con conseguente rischio di fenomeni tromboembolici e perossidazione metabolica, con possibili manifestazioni di lesione vascolare che favorisce l’infiltrazione della parete vasale da parte del colesterolo e dei grassi fino a permettere lo sviluppo di fenomeni aterosclerotici e ischemici: possiamo affermare che il meccanismo lesivo dell’omocisteina, a livello della parete vasale si esplica sia per un’azione lesiva diretta sulla parete vasale e sull’endotelio con marcato effetto aterogeno, sia per un’azione sulle piastrine di cui aumenta l’adesività e l’aggregabilità, sia agendo sui fattori della coagulazione e sulle lipoproteine (riduzione dell’attività del antitrombina III, riduzione dell’attivazione della proteina C, attivazione del fattore VII, riduzione dell’attività del PTA, ossidazione delle LDL).

L’’iperomocisteinemia costituisce un fattore di rischio cardiovascolare importante ed indipendente: l’aumento della concentrazione plasmatica dell’omocisteina, come dimostrato da una meta-analisi di 27 studi nel 1995, e’ associato ad un incremento del rischio di infarto miocardio acuto. Il danno e il rischio vascolare da iperomocisteinemia, analogamente alla ipercolesterolemia, sono graduali e continui e non esiste quindi cut-off discriminante il rischio dal non rischio. Ammettendo l’esistenza di una relazione lineare tra livelli di omocisteina e rischio di coronaropatia, si è calcolato che un incremento di 5 µmoli/L di omocisteina causa un aumento del rischio di infarto al miocardio di 1.6 volte per gli uomini e di 1.8 volte per le donne, risultato analogo a quello ottenuto con un aumento di circa 20 mg % di colesterolo plasmatici.

Risultati analoghi sono segnalati per il circolo celebrale ed artero-venoso degli arti: in caso di iperomocisteinemia il rischio di ictus è di 2,5 volte il normale e di 7 volte il normale rischio di arteriopatie periferiche e di 2,6 volte il normale rischio di trombosi venosa agli arti (soprattutto in persone giovani, sotto i 40 anni, e donne). Quando, viceversa, l’omocisteina viene scissa completamente, i metaboliti sono in grado di intervenire in molti processi corporei, quali la sulfatazione delle tossine, la detossificazione epatica, il sostegno delle ghiandole surrenali e la rigenerazione osteo-cartilaginea a livello articolare.

metionina – omocisteina – cisteina

L’omocisteina è un aminoacido solforato, intermedio della trasformazione della metionina a cisteina: la conversione dell’omocisteina a metionina, per mezzo di un processo di processo di rimetilazione, o la sua conversione a cisteina, attraverso la transulfurazione, rappresentano le principali vie metaboliche in grado di mantenerne i livelli intracellulari entro uno stretto range; il suo rilascio controllato nel circolo ematico, d’altra parte, consente di misurarne le concentrazioni plasmatiche, che rappresentano un accurato indice dello stato dell’omocisteina tessutale.

La formazione di S-Adenosil-Metionina (SAM), prodotto intermedio della via biochimica dell’omocisteina, è un importante donatore di gruppi metilici, utilizzati per la sintesi dei neurotrasmettitori e di componenti essenziali per le membrane cellulari come la fosfatidil-colina e la fosfatidil-serina: facilitando il processo di riciclaggio dell’omocisteina in metionina, garantisce un equilibrio sinergico fra i metaboliti corporei, prevenendo i fenomeni di tossicità di questa sostanza; la riduzione dell’omocisteina non solo previene le malattie cardiovascolari, ma agisce anche in altri processi degenerativi generati dall’accumulo di questa tossina, come, ad esempio l’osteoporosi, l’osteoartrite (condriotin-solfato, N-Acel-Glucosammina, acido ialuronico ed i mucopolisaccaridi dipendono dalla presenza di gruppi solforati per la completa sintesi dei tessuti cartilaginei), l’artrite reumatoide, aborto spontaneo, distacco placentare, difetti di sviluppo del tubo neurale, sindromi pre-eclamptiche (causa principale di mortalità materna o perinatale nei paesi industrializzati, dovuto a danni endoteliali associati alla omocisteinemia ), insufficienza renale, diabete di II tipo.

Le sostanze nutritive importanti per il metabolismo dell’omocisteina sono le medesime necessarie per un bon funzionamento del sistema nervoso: la depressione può essere associata ad un eccesso di omocisteina; i gruppi metilici sono necessari per la produzione di neurotrasmettitori quali la dopamina e la serotonina. Alti livelli di omocisteina sono stati associati anche con la Malattia di Alzheimer, probabilmente per l’esistenza di una correlazione con lo sviluppo di grovigli di neurofibrille, che si ritiene siano in grado di bloccare il trasporto dell’ossigeno all’interno delle cellule nervose e ridurre la produzione di acetilcolina; la sclerosi multipla pare connessa con questa tossiemia: alti livello di omocisteina interferiscono con la produzione di SAM, con conseguente interferenza con la produzione di neurotrasmettitori, essenziale per la trasmissione nervosa nei pazienti affetti da questa malattia. L’interferenza con la produzione di fosfolipidi di membrana è essenziale, anche in considerazione del ruolo svolto dalla fosfatidil-serina nel funzionamento cerebrale e nella memoria.

Anche l’azione detossificante a livello epatico svolta dai metaboliti solforati è importante, vista la relazione evidenziata fra la presenza di cadmio, mercurio e piombo e lo sviluppo di sclerosi multipla, essendo caratterizzati da neurotossicità specifica in questa malattia. Vista l’importanza dei prodotti solforati, in particolare quelli coinvolti nei processi di detossificazione a livello epatico e nel metabolismo della riparazione artro-cartilagineo, quando la via metabolica dell’omocisteina funziona correttamente il corpo è in grado di produrre una provvista naturale dei prodotti solforati necessari al metabolismo, senza creare le problematiche connesse alla supplementazione con sostanze solforate quali il metil-sulfonil-metano (MSM) che provocano una carenza di molibdeno.

normalizzazione dell’iperomocisteinemia

Molti studi hanno dimostrato che l’integrazione alimentare con Vitamine del gruppo B, in particolare acido folico, cianocobalamina, niacinamide e piridossina è in grado di svolgere un’azione protettiva sul cuore, riducendo i livelli di omocisteina circolante; queste vitamine svolgono un ruolo prioritario nelle vie biochimiche del metabolismo dell’omocisteina e l’incrementata biodisponibilità è in grado di espletare una efficace clearance di queste sostanze.

Un recente studio svolto da Eric Rimm (uno dei primi ricercatori a intuire il ruolo preventivo della Vitamina E nelle cardiopatie), ha evidenziato che ogni 200 μg di folati assunti con l’alimentazione giornalmente, il rischi di infarto si riduceva dell’11% ed ogni incremento di 2 mg di Vitamina B6, migliorava la probabilità del 17%: lo studio è stato svolto su un campione di 80.000 donne, in un ambito di 14 anni, alla presenza di 658 infarti e 281 decessi.

L’aumento dei folati comporta contestualmente una riduzione dell’osteoporosi, causata dall’incremento dell’omocisteina: Rimm suggerisce che l’introduzione giornaliera di folati e Vitamina B6 dovrebbe essere superiore alla cosiddetta RDA (180 μg per l’acido folico e 1,6 di Vitamina B6). Le donne che utilizzano un dosaggio almeno doppio di piridossal-5-fosfato, rispetto la quantità suggerita dalla RDA, mostrano un rischio diminuito: infatti tale valore di rischio si riduce a circa metà; anche la niacinamide è un’altra Vitamina del gruppo B estremamente importante, in quanto aumenta l’attività di due enzimi cruciali, indispensabili per la conversione dell’omocisteina in sostanze non tossiche. Un recente studio Europeo multinazionale ha confermato che basso apporto nutrizionale di Vitamina B6 riduce il rischio di malattia coronarica ed infarto, a parità di livelli di omocisteinemia: il rischio di infarto raddoppia in caso di basso consumo di piridossina; lo stress, l’esercizio fisico eccessivo, ed i processi di cottura tendono a ridurre la presenza vitaminica: il processo di bollitura del cibo per 25 minuti può inattivare il 40% della cianocobalamina contenuta negli alimenti, mentre sono sufficienti 6 minuti di cottura a microonde, per ottenere lo stesso risultato.

Anche la trimetilglicina (betaina) è coinvolta nel metabolismo dell’omocisteina, permettendone la metabolizzazione corretta, in quanto funge da donatore metilico; anche la presenza di dimetilglicina accelera il processo. La radice di barbabietola contiene grandi quantità di betaina, in grado di ridurre i livelli di omocisteina, stimolando un enzima chiave, anche in soggetti che non rispondono ad altri trattamenti. Il molibdeno è un elemento traccia indispensabile per un enzima coinvolto nei processi di solfatazione, come quelli coinvolti nella via metabolica dell’omocisteina: una carenza di molibdeno provoca una diminuzione dei livelli enzimatici, che si può rivelare estremamente dannosa, in quanto non avviene la trasformazione dei sulfiti, molecole tossiche, in solfati; la carenza di molibdeno impedisce la formazione di prodotti intermedi del metabolismo omocisteinico, provocando un effetto a cascata su altre vie metaboliche. Questa carenza si rivela particolarmente dannosa durante la gravidanza e il periodo neonatale, in quanto si verificano interferenze sul sistema nervoso in via di sviluppo, con alterato sviluppo. Altro co-fattore importante è il magnesio, necessario per svariati processi enzimatici (è presente in più dell’80% degli enzimi corporei), inclusi quelli coinvolti nel metabolismo dell’omocisteina; la sua presenza è in grado di ridurre la pressione ematica, rilassare a muscolatura e migliorare la funzionalità della muscolatura cardiaca.

proprietà

Molti studi sulle possibili cause di malattia cardiovascolare hanno inevitabilmente identificato il ruolo dell’omocisteina: alcune ricerche e prove scientifiche suggeriscono che l’omocisteina può avere un impatto negativo sulla salute di questo sistema fondamentale per il benessere dell’organismo; l’uso del Homocysteine Redux® è un insieme di sostanze nutraceutiche che agendo in sinergia, sono in grado di ridurre i livelli di omocisteina nel corpo.

codice prodotto: NW1138 – confezione 180 compresse

ingredienti

Ogni tavoletta contiene: vitamina E (succinato) 6 m (10 U.I.), niacina (niacinamide) 20 mg, vitamina B6 (piridossina cloruro) 15 mg, folati (L-5 metil-tetraidro-folato) 275 µg, vitamina B12 (metil-cobalamina) 200 µg, colina (bitartarato) 11 mg, magnesio (citrato) 16 mg, zinco (chelato) 1 mg, selenio (chelato) 15 µg, molibdeno (chelato) 30 μg. Miscela proprietaria, pari a 205 mg, contenente Trimetilglicina 300 mg, Dimetilglicina 25 mg, Beta Vulgaris (Barbabietola – radice) 25 mg, N-Acetil-Cisteina 15 mg, piridossal-5-fosfato 5 mg.

note

→ dosaggio: 1 compressa una o più volte al giorno.
→ idoneo per vegetariani ma non per vegani.
gluten-free – non contiene mais, sale, zuccheri, derivati del grano, lieviti.

sinergie

Total Joint Support

disclaimer

Nessuna affermazione riportata sulla presente pubblicazione è finalizzata alla cura di malattie diagnosticate o ignote: si consiglia sempre di riferire sintomi e disturbi al proprio medico curante e di informarlo d’eventuali integratori assunti per prevenire potenziali interazioni con farmaci. Nessuna delle affermazioni riportate, dei suggerimenti nutrizionali e delle ricerche riportate sono finalizzate alla diagnosi, alla cura o al trattamento di patologie e non dovrebbero essere considerate consiglio medico.

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