asse ipotalamo-ipofisi-surrene

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definizione – funzioni

Chiamato anche H.P.A., dall’acronimo inglese “hypothalamic–pituitary–adrenal axis”, può essere considerato un sistema multicentrico di coordinazione delle risposte del sistema nervoso allo stress, attraverso la modulazione dell’attività ormonale; è il fulcro della risposta neuro-endocrina agli stimoli ambientali, essendo costituito da componenti ipotalamiche endocrine, dalla porzione anteriore dell’ipofisi, nonché dal principale organo effettore, le ghiandole surrenali. Quando la percezione di pericolo, la paura, la sensazione di non essere all’altezza nei confronti di situazioni o come conseguenza di cambiamenti nell’ambiente l’organismo ha la necessità di utilizzare le risorse energetiche immagazzinate per reagire alle sollecitazioni, l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrenale, di concerto con il sistema nervoso autonomo è in grado di far fronte a queste esigenze, per rendere il corpo reattivo.

Per poter mettere in atto le risposte adeguate alle situazioni potenzialmente pericolose, il sistema neuro-endocrino deve essere in contatto diretto con gli organi di senso, per poter ricevere informazioni dal mondo esterno ed essere in grado di mobilitare le risorse energetiche in modo rapido e specifico; le aree ipotalamiche ricevono le afferenze provenienti dagli organi di senso: in caso di stress, i neuroni nel nucleo ipotalamico paraventricolare (PVN) e dell’eminenza mediana secernono l’ormone di rilascio della corticotropina (CRH – Corticotropin Releasing Hormone) direttamente nella circolazione portale ipotalamo-ipofisaria. Chiamato anche CRF (Corticotropin Releasing Factor), stimola, nell’ipofisi anteriore, la produzione ed il rilascio di ormone adrenocorticotropo (ACTH – adrenocorticotropina), ormone in grado di provocare il rilascio, da parte della corticale del surrene, di glucocorticoidi, il cui principale esponente è il cortisolo; questa famiglia di ormoni coordina la risposta fisiologica allo stress modulando il metabolismo, controllando la funzione immunitaria ed agendo direttamente sul sistema nervoso: il cortisolo può essere considerato un ormone “antidepressivo” per la sua azione stimolante sul tono dell’umore, la capacità di mantenere desta l’attenzione e la memoria. La sua concentrazione nell’ippocampo, nell’ipotalamo e nell’ipofisi è in grado, attraverso un meccanismo di feedback negativo, di inibire la secrezione ipotalamica di corticoliberina e il rilascio di corticotropina a livello ipofisario, mentre una sua carenza può causare patologie gravi come disturbi dell’alimentazione, patologie immuni e autoimmuni o seri disturbi dell’umore, quali ansia e depressione.

Il cortisolo svolge dunque una duplice azione: da una parte sostiene l’omeostasi dell’organismo di fronte alla minaccia, poiché stimola le vie cataboliche, agendo sul metabolismo delle proteine, dei lipidi e dei glucidi e promuove la sintesi di glicogeno epatico e la glicogenesi; inoltre stimola la sintesi di enzimi epatici ed è coinvolto nella regolazione dell’escrezione e della distribuzione dell’acqua corporea, essendo implicato nella modulazione delle funzioni cardiovascolari e nella genesi della ritenzione dei liquidi: la risultante di queste risposte adattative è l’aumento dell’energia corporea e un incremento della pressione arteriosa, per sostenere un eventuale sforzo fisico.

stress e risposta adattativa

La reazione da stress comporta, nell’immediato, la fisiologica riduzione del consumo energetico in vari distretti dell’organismo per favorire la disponibilità di energia a livello dell’apparato locomotore e del Sistema Nervoso Centrale: in generale si può affermare che la sindrome generalizzata di adattamento offra al corpo una maggiore capacità d’utilizzo dei diversi substrati metabolici, con attivazione dei processi di gluconeogenesi, lipolisi, e proteolisi; questi adattamenti metabolici sono accompagnati dall’aumento di pressione arteriosa, della frequenza cardiaca e della glicemia, mentre l’apporto ematico all’apparato gastroenterico si riduce.

Questa cascata di eventi fisiologici in risposta alle avversità ambientali o agli squilibri somato-emozionali devono essere considerati dei preparativi per sostenere la cosiddetta fight-or-escape response: sono la  conseguenza dell’attivazione dell’asse H.P.A. e del rilascio di catecolamine (sistema nervoso autonomo) che comportano anche l’inibizione del comportamento sessuale, la riduzione della componente del sonno ad onde lente, la stimolazione del comportamento alimentare e di quello motorio; quando lo stress perdura, a lungo termine si riduce l’entità delle reazioni infiammatorie e la protezione immunitaria.

La regolazione della risposta allo stress, modulata dall’asse H.P.A., rappresenta la chiave di un buon adattamento alle diverse situazioni ambientali; i glucocorticoidi contribuiscono a mantenere costante la complessa attività ipotalamica-ipofisaria-surrenalica di base, a favorire la vigilanza, l’attenzione selettiva, l’integrazione sensoriale, la selezione della risposta e a controllare la reattività allo stress ai vari livelli dell’intero sistema: parte integrante della reazione da stress è rappresentata dalla risposta cognitiva e comportamentale, finalizzata a contenere e tollerare la condizione di potenziale pericolo ed a favorire il successivo recupero, a mantenere l’immagine di sé, l’equilibrio emotivo e le relazioni.

Nello stress acuto si attiva una risposta glucocorticoidea compensatoria, di carattere adattativo, fisiologico e comportamentale con incremento dell’appetito, della memoria emozionale, della funzione immunitaria, volta al migliore mantenimento possibile dell’omeostasi; in realtà i sistemi organici vanno incontro a fluttuazioni fisiologiche che consente la migliore risposta possibile agli eventi: il “raggiungimento della stabilità nel corso del cambiamento” (allostasi) è l’obiettivo cui è proposta l’attivazione dell’asse H.P.A.. Il “carico allostatico”, generato da diversi stimoli come gli eventi e le condizioni di vita o gli stressor psicosociali, è costantemente modulato dai fattori ambientali, fisici o sociali, condizionando il processo di adattamento specifico per ciascun individuo.

stress e vulnerabilità individuale

Esistono considerevoli differenze in termini di sensibilità agli effetti dello stress e tale variabilità può essere condizionata dallo sviluppo: lo stress subito nel periodo iniziale della vita può avere conseguenze a lungo termine, con incremento della vulnerabilità a stress successivi, così come l’invecchiamento cerebrale favorisce un aumento della suscettibilità; ugualmente un’insufficiente secrezione ormonale surrenalica incrementa l’ansia e la risposta alla paura.

Gli stress reiterati o l’attivazione non finalizzata del sistema allostatico possono produrre il logoramento dell’organismo: lo stress cronico, a causa della disregolazione surrenalica, può influenzare negativamente le performance cognitive e condizionare le risposte alla paura o all’ansia, giustificandone il mantenimento anche in situazioni non collegate alla realtà; per contro, la capacità di recupero dopo la reazione da stress è affidata alla correzione stessa dell’ipercortisolismo, conseguente all’attivazione del H.P.A. La presenza di traumi ripetuti, di esperienze negative in età giovanile o la persistente esposizione a fattori stressanti può essere responsabile di una maggiore reattività agli stress emozionali nella vita quotidiana ed aumentare l’intensità dei sintomi associati all’iperproduzione di glucocorticoidi. La relazione fra l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene e le catecolamine assume un importante ruolo nelle manifestazioni somato-emotive dello stress: si ipotizza una relazione sinergica tra l’attivazione dell’asse H.P.A. e l’attivazione dei circuiti dopaminergici, favorendo il manifestarsi di tendenze depressive, o tendenze ossessive o forme di leggera psicosi-maniacale, alterazione delle funzioni cognitive e diminuzione della memoria.

La presenza di esperienze positive, soprattutto nell’età dello sviluppo, svolge un ruolo significativo nella formazione  di un’immagine vincente di se stesso e nella impressione positiva delle proprie capacità di coping; essendo lo stress la reazione adattativa alla percezione soggettiva di inadeguatezza rispetto alle sfide a cui ci sottopone l’ambiente in cui viviamo, i soggetti che si vedono come abili e “vittoriosi” hanno una maggiore capacità di risposta agli stressor, rispetto alle persone che, come conseguenza di una “attitudine post-traumatica”, mostrano una maggiore vulnerabilità, a parità di stress: ansie, paure, atteggiamenti fobici accompagnano spesso questa visione negativa del futuro. La visione positiva, frequentemente accompagnata dalla capacità di utilizzare dinamiche proattive, è sostenuta da “loop virtuosi” che rafforzano la stamina, la vitalità e la resilienza individuale, incrementando la capienza nei confronti di ulteriori sfide che vengono vissute come strumento di crescita.

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