definizione
Comunità di microrganismi (batteri, funghi, alghe) che vivono insieme e si circondano di una matrice protettiva di sostanze polimeriche (come zuccheri, proteine e DNA), che li tiene insieme e li fa aderire a una superficie, permettendo loro di ancorarsi a quasi tutti i materiali: chiamata anche E.P.S. (extracellular polymeric substance → sostanza polimerica extracellulare) oppure biopellicola o microfouling (fouling → incrostazione), è aggregato organizzato che crea una barriera che protegge i microrganismi da agenti esterni (tra cui alcuni antibiotici) permettendo loro di sopravvivere e proliferare in modo più efficace.
I biofilm si formano quando i microrganismi si attaccano a una superficie (biotica o abiotica, come tessuti, protesi, superfici inerti) e iniziano a produrre una matrice composta da una miscela di polisaccaridi, proteine, lipidi, DNA e RNA derivanti sia dallo sfaldamento dei tessuti necrotici, sia dalle cellule del sistema immunitario, sia dai microorganismi stessi: il biofilm non deve essere considerata una semplice pellicola di rivestimento, ma una struttura complessa, con canali e pori che permettono il passaggio di nutrienti e prodotti di scarto, ed un’organizzazione interna che permette una maggiore resistenza agli agenti esterni; la formazione di biofilm è un fattore importante nello sviluppo di numerose infezioni, in particolare quelle croniche e resistenti agli antibiotici, perché le cellule all’interno del biofilm sono più protette e quindi più difficili da eliminare. Tale resistenza antimicrobica non è esclusivamente genotipica (cioè portata da plasmidi, trasposoni o legata ad eventi mutazionali) ma è, piuttosto, dovuta a strategie multicellulari e/o alla capacità delle singole cellule, interne al biofilm, di differenziarsi in uno stato fenotipico tollerante l’azione antibiotica e si esprime con meccanismi diversi, quali la penetrazione ritardata dell’agente antimicrobico attraverso la matrice del biofilm, l’alterata crescita degli organismi all’interno del biofilm o i cambiamenti fisiologici dovuti alla differenziazione della matrice polimerica extracellulare che si genera nella sviluppo del biofilm; l’aggregazione dei microrganismi in colonie multispecie che agiscono come un consorzio funzionale e non sotto forma di organismi in forma planctonica vulnerabile (cioè cellule singole sospese nelle soluzioni acquoso), come si pensava in passato, motiva la difficoltà da parte dei fagociti (macrofagi e neutrofili) e degli antibiotici di svolgere la propria azione batteriostatica e/o battericida.
La creazione del biofilm avviene attraverso un processo di colonizzazione a strati: dopo l’attecchimento sulla superficie di microrganismi liberamente “fluttuanti” che progressivamente la incrostano (microfouling), si osserva, attraverso un processo di comunicazione chimica (quorum sensing), l’insediamento di colonie di specie simbionti che si uniscono in modo sinergico in una convivenza condominiale, in grado di proteggersi dalle pericolose variazioni dell’ecosistema che le circonda come il pH, la temperatura, l’umidità o le radiazioni ultraviolette: dalla collaborazione fra differenti specie di microorganismi sortisce una struttura tridimensionale, dove una serie di canali d’acqua al suo interno facilitano lo scambio dei nutrienti e dei prodotti di scarto; in questo modo la matrice polimerica extracellulare riesce a neutralizzare e diluire le sostanze antimicrobiche, favorendo la resistenza agli antibiotici. Sebbene il biofilm non rappresenti una barriera assoluta alla penetrazione degli antibiotici, i microrganismi all’interno del biofilm possono modificare la loro condizione diventando “cellule persistenti”, ovvero assumendo uno stato di dormiente che li rende non attaccabili dagli antibiotici, per poi risvegliarsi quando la pressione antibiotica finisce, favorendo la cronicizzazione dell’infezione.
All’interno della matrice polimerica extracellulare si creano fenomeni di comunicazione tra microrganismi per mezzo dello scambio di materiale plasmidico, che in questa condizione viene velocizzato, incrementando ulteriormente la resistenza antibiotica dei microrganismi colonizzanti: i plasmidi sono piccoli filamenti di DNA che rappresentano materiale genetico accessorio funzionale in grado di favorire la resistenza dei microorganismi agli stress (quindi anche agli antibiotici) ed alle condizioni sfavorevoli e che possono essere scambiati con altri microrganismi.
La crescita delle microcolonie immerse in una matrice polimerica extracellulare favorisce la dispersione dei microrganismi nell’ambiente circostante o in altri siti anatomici convertendo i microrganismi dalla forma sessile a quella platonica, come strategia di sopravvivenza e diffusione, colonizzando nuove nicchie prima che lo spazio e i nutrienti diventino limitati.
il biofilm dentale
Normalmente chiamata placca dentale, assume spesso un ruolo significativo nella patogenesi della gengivite, quindi della parodontite: occorre ricordare che in alcuni processi patogenetici il fatto che i batteri siano organizzati in strutture complesse come il biofilm ha un ruolo più importante rispetto a quali siano i ceppi coinvolti; esiste anche ricordare, comunque, che esistono differenze anche tra la placca presente sul dente naturale rispetto a quella che si forma su superfici artificiali.
Nella genesi del biofilm dentale l’adsorbimento sulla superficie del dente alcune sostanze idrofobe e macromolecole favorisce la formazione di una pellicola acquisita, formata da mucine e anticorpi che, aumenta l’aderenza batterica: i batteri adesi possono passare da uno stato di quiescenza ad uno di intensa attività replicativa e secretiva, favorendone la replicazione e, di conseguenza, aumentando il volume del film e favorendo ulteriormente l’adesione; poiché gli strati profondi della pellicola vengono a trovarsi in condizione di anaerobiosi, i batteri presenti in tali zone producono sostanze in grado di aggredire i tessuti parodontali.
dalla sinusite cronica alle U.R.T.I.
Molteplici evidenze hanno evidenziato come l’accumulo di biofilm batterico contribuisca alla patogenesi di diverse infezioni croniche quali la rinite, la sinusite e la rino-sinusite, quadri flogistici cronici contraddistinti da infiammazione delle mucose del naso e dei seni paranasali, congestione spesso associata a secrezione nasale, con possibile insorgenza di anosmia, cacosmia o dolore facciale localizzato all’area zigomatica o frontale; nella maggior parte dei casi di rinosinusite cronica, nonostante sia riconducibile ad una eziopatogenesi virale, la componente infiammatoria e la risposta immunitaria messa in atto dall’organismo possono creare un ambiente ideale per la formazione di infezioni batteriche secondarie in quanto l’accumulo di essudato infiammatorio determina la proliferazione batterica e la sinesi di un biofilm: la presenza della matrice polimerica extracellulare, a sua volta, danneggia l’epitelio mucociliare alterando la morfologia e la funzionalità innescando un circolo vizioso che, provocando un ulteriore aumento dell’essudato, favorisce la genesi del microfouling, con la predisposizione allo sviluppo di recidive e stati di infiammazione cronica a basso livello con possibile diffusione delle infezioni alle zone limitrofe (seni paranasali, orecchio medio, faringe, laringe).
In realtà la presenza del biofilm come possibile focus infettivo è un fenomeno comune sia nelle U.R.T.I., sia nelle infezioni delle basse vie aeree, nell’otite media acuta, nelle patologie adeno-tonsillari così come, in ambito pneumologico, nella bronchite cronica, nella polmonite e, soprattutto, nella fibrosi cistica; nell’eziologia della broncopneumopatia cronica ostruttiva, della fibrosi cistica e della panbronchiolite diffusa, tutte patologie croniche, sono spesso implicati microrganismi che normalmente risiedono, come flora commensale, nelle vie respiratorie: quando la presenza di tali microrganismi diventa ingente, e ha inizio la produzione di biofilm, si realizza la cronicizzazione dell’infezione, soprattutto nel caso in cui i microrganismi coinvolti siano lo Streptococcus Pneumoniae, l’Haemophilus Influenzae o lo Pseudomonas Aeruginosa.
Poiché nella rinosinusite il ruolo del biofilm è particolarmente importante, l’attività fluidificante e decongestionante dell’acqua marina può avere un effetto benefico, così come i lavaggi nasali con soluzioni saline possono aiutare a rimuovere il muco e a ridurre la concentrazione di biofilm; anche l’utilizzo di specifiche miscele sinergiche di nutraceutici possono rivelarsi utili nella gestione delle patologie recidivanti delle vie aeree causate dalla presenza di biofilm: il SINO LUNG FORMULA (2011A) è una formulazione specificamente studiata per i problemi infettivi sia delle vie aeree superiori (rinosinusiti, otiti, faringiti, laringiti …), sia delle basse vie respiratorie (bronchiti acute. bronchiti croniche recidivanti, polmoniti…). In particolare, la presenza di Vaccinium Macrocarpum (mirtillo rosso americano), ricchissimo di antocianosidi, flavonoidi ed altre numerose sostanze che hanno proprietà antibatteriche, grazie alla sua capacità di prevenire l’aderenza dei batteri alle mucose, contribuisce a contrastare la colonizzazione da parte degli agenti patogeni, rallentando o impedendo il microfouling; l’associazione con l’Hydrastis Canadiensis (potentissimo diaforetico e mucolitico, soprattutto in presenza di catarro denso, viscoso o muco-purulento), la Scutellaria Latiflora (antispastico e spasmolitico, svolge anche un’importante azione batteriostatica su Stafilococchi, Streptococchi e Diplococchi), l’Echinacea Purpurea (efficace nel trattamento delle infezioni croniche delle vie respiratorie, aumentando la densità della matrice polimerica extracellulare, rende più difficile la penetrazione dei patogeni), il Sambucus Nigra (espettorante, inibitore della produzione di molecole pro-infiammatorie), la propoli (antibiotico naturale in grado di contrastare il biofilm) e la N-acetil-cisteina (mucolitico, efficace nella distruzione dei biofilm, in grado di diminuire le forme viventi di batteri) e la vitamina C rendono questo supplemento nutrizionale particolarmente efficace.
il biofilm nell’apparato uro-genitale
Il biofilm può essere considerato il principale responsabile delle forme recidivanti delle infezioni uro-genitali: dalle cistiti croniche (con episodi acuti ricorrenti) alle vaginosi, i casi in cui i microrganismi che costituiscono comunità simbiotiche con produzione di una matrice polimerica extracellulare sono da considerarsi quasi una norma, se si pensa alle infezioni vaginali da Gardnerella Vaginalis o Atopobium Vaginae o alle patologie urogenitali da Escherichia Coli (soprattutto in vescica).
In particolare soprattutto l’Escherichia Coli (un saprofita fecale) forma un biofilm in vescica o in vagina che spesso contiene una riserva intracellulare dormiente di microrganismi (persister cells, ovvero cellule persistenti), completamente resistenti agli antibiotici e alla risposta immunitaria del organismo, responsabili del fallimento della terapie convenzionali alla base delle infezioni ricorrenti: una volta che la terapia antibiotica o antimicotica è completata, le cellule persistenti rapidamente si riattivano e ripristinano la carica batterica o fungina preesistente, causando la recidiva; infatti, anche se l’eventuale trattamento antibiotico può essere risolutivo sui batteri in fase planctonica, responsabili delle riacutizzazione infettiva rilasciate dal biofilm, ma non è in grado di eliminare la comunità batterica sessile contenuta nello stesso. Il biofilm causato dall’Escherichia Coli presente contemporaneamente a livello vescicale e vaginale e da eventuali batteri simbionti in condominio, essendo completamente resistente, è responsabile delle recidive cronicizzanti e ricorrenti, soprattutto se (in termini terapeutici) si prende in considerazione la componente vescicale, ma non quella vaginale: all’interno delle cellule dell’urotelio, i batteri organizzano biofilm immersi in una matrice di polisaccaridi saturi che ne rende difficile l’eradicazione.
Ugualmente il biofilm si può formare sulle superfici inerti, come dispositivi endouterini, anelli contraccettivi, impianti contraccettivi, pessari: in particolare il biofilm può colonizzare la spirale uterina (IUD), rendendo ragione del fatto che le vaginosi spesso recidivano per la difficoltà degli antibiotici di eradicare i germi che si proteggono con il biofilm.
Ancora una volta una appropriata integrazione alimentare può risultare utile come complemento terapeutico nella gestione delle infezioni ricorrenti da biofilm dell’apparato urogenitale: il SINO LUNG FORMULA (2011A), di cui si è parlato, per quanto nasca come prodotto orientato al trattamento delle infezioni dell’albero respiratorio, può rivelarsi di grande efficacia nel trattamento delle cistiti ricorrenti, in quanto i batteri vescicali hanno caratteristiche simili (per quanto riguarda al capacità di aderire alle superfici mucose) di quello delle vie aeree, pertanto gli stessi nutraceutici hanno un effetto anti-biofilm e microbicida.
Un ulteriore supporto è ottenibile dall’utilizzo del DIU-PLUS (NW1101) un integratore naturale ove Taraxacum Officinale, Medicago Sativa, Foeniculum Vulgare, Equisetum Hyemale, Apium Graveolens ed Arctostaphylos Uva-Ursi si integrano sinergicamente non solo per rendere più efficiente la funzione renale ed urinaria, ma anche come prodotto mirato per il trattamento della cistite, proprio per l’azione dei fitoestratti presenti, in grado di agire specificamente contro il biofilm vescicale svolgendo una potente azione antimicrobica ed antinfiammatoria.
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