definizione
Forma di " href="https://www.nutriwest.it/glossario/stress/" target="_blank" data-mobile-support="0" data-gt-translate-attributes='[{"attribute":"data-cmtooltip", "format":"html"}]' tabindex="0" role="link">stress, caratterizzata da noia e irrequietezza, dove la carenza di stimoli (e quindi di sollecitazioni o stressor) induce dis-stress; l’ipostress, poiché provoca nelle persone un senso di logoramento, associato ad apatia, inedia, talvolta anedonia, facendole “arrugginire”, può essere considerato un sinonimo di «rust-out» (arrugginito, corroso, non funzionante) o di «bore-out».
Occorre ricordare che " href="https://www.nutriwest.it/glossario/stress/" target="_blank" data-mobile-support="0" data-gt-translate-attributes='[{"attribute":"data-cmtooltip", "format":"html"}]' tabindex="0" role="link">stress significa letteralmente “sforzo”, per cui possiamo utilizzarlo per descrivere ogni agente in grado di scatenare una reazione “faticosa e onerosa” per l’organismo, seppur stimolante ed in grado di “muovere” le persone, indurle ad adattarsi ella alle mutazioni del proprio ecosistema di riferimento.
Mentre l’iperstress (burn-out) è causato solitamente da un eccesso di pressioni causate dalla percezione soggettiva di non essere all’altezza delle situazioni o delle aspettative, da un eccesso di tensioni e sollecitazioni o da un carico di lavoro sproporzionato alle possibilità ed alle capacità individuali, quando una persona non ha nulla da fare, quando ci si annoia per un lungo periodo di tempo, quando non ci sono sufficienti stimoli, alla presenza di un insufficiente quantità di " href="https://www.nutriwest.it/glossario/stress/" target="_blank" data-mobile-support="0" data-gt-translate-attributes='[{"attribute":"data-cmtooltip", "format":"html"}]' tabindex="0" role="link">stress subentra uno stato di disagio che viene chiamato ipostress, proprio per evidenziare e sottolineare l’insufficiente tensione.
Nel suo volume dal titolo «Stress without Distress», Hans Selye riconosce che lo stato di " href="https://www.nutriwest.it/glossario/stress/" target="_blank" data-mobile-support="0" data-gt-translate-attributes='[{"attribute":"data-cmtooltip", "format":"html"}]' tabindex="0" role="link">stress deve essere considerato uno stato fisiologico normale e che, di conseguenza, non può e non deve essere eluso; la convinzione al riguardo è tale, da fargli affermare, nel 1974:
«La completa libertà dallo " href="https://www.nutriwest.it/glossario/stress/" target="_blank" data-mobile-support="0" data-gt-translate-attributes='[{"attribute":"data-cmtooltip", "format":"html"}]' tabindex="0" role="link">stress è la morte. Contrariamente a quanto si pensa di solito, non dobbiamo, e in realtà non possiamo, evitare lo " href="https://www.nutriwest.it/glossario/stress/" target="_blank" data-mobile-support="0" data-gt-translate-attributes='[{"attribute":"data-cmtooltip", "format":"html"}]' tabindex="0" role="link">stress, ma possiamo incontrarlo in modo efficace e trarne vantaggio imparando di più sui suoi meccanismi, e adattando la nostra filosofia dell’esistenza a esso.»
una patologia professionale?
Solitamente questo tipo di situazione si manifesta in ambito lavorativo, interessando le persone che svolgono lavori monotoni, alienanti e ripetitivi, che non pongono sfide o non richiedono alcuna ispirazione o contributo personale; in queste condizioni si manifestare mancanza di entusiasmo o di motivazioni, costringendo chi si trova in simili contesti a destreggiarsi nella quotidianità per “far venire sera” provando, abitualmente, un senso di disagio e irrequietezza.
Le persone che vivono questo disagio emozionale, che si sentono “sotto stimolate”, non di rado si lamentano di essere sottovalutate o che le loro capacità non vengono sufficientemente riconosciute, apprezzate e utilizzate; frequentemente i soggetti interessati cercano con ogni mezzo possibile di nascondere il loro impegno insufficiente, soprattutto qualora siano collaboratori (sottoposti) che lavorano per molte ore davanti a un computer e le cui prestazioni non sono dunque concretamente misurabili; anche se talvolta, nelle fasi iniziali, l’inattività può anche risultare piacevole, nella maggior parte dei casi, la noia sul posto di lavoro si traduce, prima o poi, in un autentico problema, creando una manifestazione di ipostress, un quadro di «bore-out» o «rust-out», cioè una sindrome che produce sintomi analoghi ai quadri derivanti dall’ipersfruttatamento («burn-out»), quali insonnia, problemi digestivi, mal di testa o mal di schiena o forme di “esaurimento”.
Essere costretti a fare «buon viso a cattivo gioco», senza ricevere apprezzamenti o doversi confrontare con stimoli interessanti può, nel lungo termine, rivelarsi faticoso e penalizzare l’autostima, soprattutto per le persone che hanno investito molte energie nell’attività professionale: chi non vede un senso nel lavoro che svolge e deve dunque soltanto «ingannare il tempo» rischia di arrivare a fine giornata così depresso da non avere più energie da dedicare ad altre attività, con conseguenti ripercussioni negative sul tono dell’umore e sulla qualità di vita. La noia sul posto di lavoro spesso e volentieri non è frutto di una scelta intenzionale ma può essere l’espressione di riorganizzazioni aziendali o la conseguenza di incomprensioni con il propri responsabili di riferimento.
In genere si innesca un circolo vizioso caratterizzato dalla sequenza mancanza di stimoli sul luogo di lavoro → incapacità a sollevare la questione in ufficio senza mettere a repentaglio il proprio posto o rischiare di essere considerato negativamente → ulteriore apatia lavorativa associata a paura di perdere il posto di lavoro → permanenza prolungata in ufficio → noia: un circolo vizioso grottesco, difficile da “spezzare”.
un possibile aiuto
Senso di irrequietezza, incapacità a concentrarsi, malessere e dis-confort, difficoltà a gestire le dinamiche relazionali, acedia e abulia, frequentemente accompagnati da sintomi fisici rendono il quadro sintomatologico completamente sovrapponibile sia al «rust-out» ed al «bore-out», cioè le situazioni sostanzialmente sovrapponibili, sia, paradossalmente al suo opposto, cioè al «burn-out»; l’alterazione dell’equilibrio emozionale è spesso associato all’insonnia ed ad un eterogeneo corredo di mal-esseri, riconducibili a forme di somatizzazione dello " href="https://www.nutriwest.it/glossario/stress/" target="_blank" data-mobile-support="0" data-gt-translate-attributes='[{"attribute":"data-cmtooltip", "format":"html"}]' tabindex="0" role="link">stress: emicrania e cefalea, acufeni e vertigini, disturbi dell’ATM o disturbi nella deglutizione, ma anche esofagite, aereogastria e dispepsie, gastrite, duodenite o Dal greco κόλον (kôlon → intestino) e ίτης (ítis → infiammazione): termine utilizzato per descrivere un processo infiammatorio che colpisce il colon, cioè il secondo tratto dell'intestino crasso; l'uso di questo vocabolo dovrebbe essere limitato alle affezioni specifiche del colon, anche se, spesso, è usato in maniera generica oppure per indicare condizioni nelle quali l'eziologia dell'infiammazione non è stata ancora determinata.
Si può manifestare in forma acuta o cronica e viene classificata in base alle caratteristiche del processo infiammatorio: catarrale, mucosa o muco-membranosa, termini usata per descrivere una forma caratterizzata da espulsione di grandi quantità di muco; purulenta; fibrinosa; ulcerosa, contraddistinta da estese ulcerazioni della mucosa con emissione di pus e sangue, spesso associata a febbre. La cosiddetta "colite spastica” più che essere inquadrata fra le coliti, dovrebbe essere vista come un quadro a sé stante costituendo la "sindrome dell’intestino irritabile”; anche le Acronimo per "malattie infiammatorie croniche intestinali" equivalente a IBD (inflammatory bowel disease), utilizzato per classificare una famiglia, piuttosto eterogenea, di patologie infiammatorie croniche, in assenza di eziologia infettiva evidente, a carico dell'apparato digerente: i sintomi di queste patologie sono molto simili, anche se i segmenti del tratto gastro-enterico coinvolti sono differenti. Le MICI sono malattie croniche intestinali su base flogistica contraddistinte da un decorso tipicamente ricorrente, caratterizzato dall'alternarsi di fasi di benessere e periodi di riacutizzazione: la cronicità delle malattie non esclude che chi ne è affetto possa avere periodi prolungati di benessere, ma la norma è la ricomparsa di fasi acute di infiammazione, talvolta "a ciel sereno", senza prodromi o segni indicatori.
Una differenza importante tra una normale gastro-enterite ed una MICI è costituita dal fattore tempo: nel caso di un'infezione gastro-intestinale, i sintomi quasi sempre scompaiono nel giro di una o al massimo due settimane, mentre una malattia infiammatoria cronica intestinale può durare più a lungo e ripresentarsi con altri episodi di riacutizzazione dei sintomi; non devono essere confuse con la sindrome dell’intestino irritabile che, invece, rappresenta una patologia funzionale, che compromette la motilità gastrointestinale e la peristalsi ma, generalmente, non è caratterizzata da infiammazione.
Esempi di MICI sono il morbo di Chron e la retto-colite ulcerosa: in via esemplificativa, il primo, caratterizzato da dolori addominali, coinvolge prevalentemente l’ileo distale ed il colon prossimale, implicando frequentemente la valvola ileo-cecale, anche se può localizzarsi in qualsiasi tratto dell’apparato gastro-intestinale, dalla bocca fino all'ano e per questo viene chiamata anche ileite terminale o ileite regionale; la seconda, al contrario, è limitata generalmente al tratto terminale del colon ed al retto, ed è contrassegnata dalla presenza di sangue nelle feci.
Le malattie infiammatorie croniche intestinali si presentano in diverse forme, classificabili a seconda della durata e della frequenza delle riacutizzazioni, in acute, quando si manifestano in forma molto intensa, con una rapida progressione dell'infiammazione; remittenti, se le riacutizzazioni si manifestano più di una volta all'anno; intermittenti, se trascorre più di un anno tra due riacutizzazioni successive; croniche, se una crisi dura più di un anno. Si parla di riattivazione della malattia se l'infiammazione si riacutizza in una porzione di intestino già colpita dall'infiammazione in passato.
Le cause che portano all'insorgenza delle MICI sono sconosciute, anche se è noto che essendo patologie immunomediate, i fattori genetici sono un elemento da prendere in considerazione; alterazioni immunologiche o ambientali associate a quadri infettivi sono elementi fondamentali per la genesi della sintomatologia e per l'evoluzione della malattia. L'eziopatologia è riconducibile ad un'eccessiva risposta immunitaria agli antigeni fisiologicamente presenti a livello intestinale: per cause tuttora ignote, il sistema immunitario produce auto-anticorpi che provocano fenomeni autoimmuni; le alterazioni del microbiota o del microbioma sembrano avere un quadro rilevante nella patogenesi della malattia.
La sintomatologia delle MICI è quanto mai vasta, aspecifica e spesso invalidante: dolori addominali; vomito; febbre, calo ponderale ed astenia, tachicardia sono solo alcuni dei sintomi più frequenti che impattano pesantemente sulla qualità di vita dei pazienti, anche se la diarrea, con scariche alvine frequenti, spesso liquide o mucose, e feci granulose, talvolta con presenza di pus ed evacuazioni dolorose, sono un segno preponderante e pressoché costante. La presenza di sangue visibile, dovuto ad ematochezia o rettorragia, oppure sangue di sangue occulto nelle feci può essere considerata un sintomo persistente; qualche volta si possono verificare proctorragie massicce.
Possibile fattore peggiorativo delle MICI può essere innanzitutto lo stress, al punto che le componenti emotive possono essere considerate un fattore scatenante; anche i FANS o gli antibiotici, oppure l'assunzione di alcuni cibi possono causare una riacutizzazione. La Kinesiopatia® e Kinesiologia Transazionale® possono offrire differenti strumenti in grado di migliorare la qualità della vita di chi è affetto da questa patologia cronica debilitante: solo a titolo esemplificativo, il ricorso al profilo nutrizionale o al test per l'identificazione delle intolleranze alimentari sono in grado di aiutarci a evidenziare quadri pro-infiammatori o micro-carenziali che possono svolgere il ruolo di cofattori eziologici.